Un argomento che interessa molto ai lavoratori che stipulano un nuovo contratto di lavoro è quello relativo al patto di non concorrenza.
LA NOZIONE DI PATTO DI NON CONCORRENZA
Il patto di non concorrenza è uno strumento con cui il datore di lavoro limita la possibilità del lavoratore di ricollocarsi presso società concorrenti che potrebbero trarre vantaggio dal know how acquisito da quest’ultimo in virtù del pregresso rapporto di lavoro, per un determinato periodo di tempo, a fronte del pagamento di un corrispettivo.
La definizione e i requisiti essenziali del patto di non concorrenza sono stabiliti dall’art. 2596 del codice civile, esaminiamoli nel dettaglio.
I REQUISITI PER LA VALIDITÀ DEL PATTO DI NON CONCORRENZA
Affinché un patto di non concorrenza possa ritenersi valido ed efficace è necessario che possegga determinati requisiti:
- la forma scritta;
- limite di durata, di luogo e di oggetto determinati;
- un corrispettivo congruo, determinato o determinabile.
1) La forma scritta
Il patto di non concorrenza per essere valido deve risultare da atto scritto, pena la nullità del patto stesso.
Il datore di lavoro può scegliere la modalità con cui stipulare il patto di non concorrenza, decidendo se includerlo direttamente nel contratto di assunzione del dipendente o redigerlo come documento separato.
2) Il limite di durata, di oggetto, di luogo
a) Limite di durata
Il limite di durata impone al datore di indicare all’interno del patto un arco temporale ragionevole durante il quale il lavoratore dovrà attenersi alle preclusioni accettate.
Per la categoria dei dirigenti la durata massima del patto di non concorrenza è di 5 anni mentre per le restanti categorie (quadri, impiegati e operai) il limite è ridotto a 3 anni.
L’ultimo comma dell’art. 2596 c.c. stabilisce che, in caso di durata superiore al limite legale, il patto sarà automaticamente ridotto al limite previsto dalla norma.
Ciò significa che se un patto prevede una durata di 6 anni, il lavoratore sarà vincolato al rispetto del patto per il limite massimo di 5 anni decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro.
b) Limite di oggetto
L’oggetto del patto di non concorrenza corrisponde generalmente alle mansioni attribuite al lavoratore.
Nella prassi, tuttavia, il datore di lavoro può estendere l’oggetto del patto includendo qualsiasi forma di collaborazione, sia subordinata che autonoma.
b.1. La lista dei competitors
Oltre a quanto appena detto, è doveroso evidenziare come sia diventato ormai altrettanto comune inserire all’interno del patto di non concorrenza una vera e propria lista dei soggetti con i quali il lavoratore non dovrà avere alcun genere di rapporto o contatto per il tempo di validità del patto.
b.2. Alcuni esempi
In alcuni casi, mi è capitato di esaminare patti di non concorrenza che inibivano alla risorsa di sottoscrivere contratti a titolo oneroso o gratuito, che prevedano lo svolgimento di attività di natura subordinata, autonoma, continuativa o anche solo occasionale, imprenditoriale, come socio, associato in partecipazione o in qualunque altra veste o qualità.
È evidente che una clausola di questo tipo, poiché limita ogni possibile iniziativa economica del lavoratore, per essere valida dovrà necessariamente prevedere un corrispettivo adeguato che compensi la perdita economica subita.
c) Limite di luogo
L’avvento del cosiddetto mercato globale ha modificato il concetto di limite territoriale del patto di non concorrenza.
In una economia globalizzata l’attività lavorativa svolta in uno stato, consideriamo per semplicità il nostro, l’Italia, può produrre i propri effetti economici in qualsiasi altro territorio transnazionale.
Questa incertezza ha portato i datori di lavoro a predisporre clausole territoriali estese anche a livello europeo che in alcuni casi, per la specificità del settore in cui opera il lavoratore o per il suo ruolo altamente qualificato, rendono molto complesso o quasi impossibile l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa.
Per questo motivo riveste particolare importanza il corrispettivo che il lavoratore percepirà per la firma del patto di non concorrenza.
3) Corrispettivo congruo e determinato
Il corrispettivo può essere a importo fisso o a importo mensile.
a) Importo fisso
Il corrispettivo ad importo fisso è parametrato alla RAL del lavoratore ed è versato al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Capita spesso che il pagamento avvenga anche in forma rateizzata.
I datori di lavoro preferiscono questa formula per ridurre il rischio di violazione del patto, poiché un pagamento integrale alla cessazione potrebbe incentivare il lavoratore a violare il patto.
b) Importo mensile
L’importo mensile è corrisposto in costanza del rapporto di lavoro.
b.1 Criticità del sistema mensile
Questa forma di pagamento del corrispettivo ha generato dei dubbi sulla legittimità dell’importo versato in favore del lavoratore fino al momento in cui il rapporto si interrompe.
Tale dubbio interpretativo nasce dall’impossibilità di prevedere la durata del rapporto di lavoro e di poter valutare a priori se alla data di cessazione del contratto il corrispettivo percepito soddisfi pienamente il requisito di congruità.
b.2 Una possibile soluzione offerta dalla giurisprudenza
Tale criticità è stata in parte risolta dalla Giurisprudenza di merito mediante la previsione del cosiddetto “minimo garantito”.
Il minimo garantito è la percentuale della RAL indicata dal datore di lavoro come parametro per quantificare il corrispettivo dovuto per il patto di non concorrenza.
Con tale clausola, al termine del rapporto, il datore di lavoro dovrà versare al lavoratore solo l’eventuale differenza tra la somma dei corrispettivi mensili erogati in costanza di rapporto e la percentuale della RAL predeterminata nel patto.
Ad esempio, nella sentenza n. 1189 del 2021 il Tribunale di Milano ha ritenuto nullo il patto di non concorrenza il cui corrispettivo era stato versato in costanza di rapporto senza alcuna previsione ulteriore sulla percentuale della RAL.
LE CONSEGUENZE LEGALI IN CASO DI VIOLAZIONE DEL PATTO DI NON CONCORRENZA
La violazione del patto di non concorrenza può comportare gravi conseguenze per il lavoratore.
In genere, il patto prevede l’applicazione di una penale, ai sensi dell’art. 1382 del codice civile, in caso di inadempimento del patto il lavoratore dovrà pagare una certa somma al datore di lavoro.
Oltre a richiedere il pagamento della penale l’azienda potrà agire per ottenere il risarcimento dei maggiori danni subiti ma dovrà dimostrare il nesso di causalità tra la violazione commessa e il danno economico.
In casi estremi, la violazione può portare a contenziosi giudiziari, con conseguente aggravio di costi legali e tempi di risoluzione.
IL CASO TRATTATO NEL MIO STUDIO
Un caso rilevante da me trattato è stato quello di un cliente che aveva sottoscritto un contratto a tempo indeterminato, con inquadramento senior analyst, livello quadro, presso una società del settore terziario e servizi.
Al momento dell’assunzione il cliente aveva firmato un patto di non concorrenza della durata di 12 mesi, con corrispettivo parametrato al 50% della retribuzione annua lorda percepita al momento della cessazione del rapporto.
L’oggetto del patto comprendeva le mansioni svolte e una lista di competitors operanti nel nord Italia.
Il patto non prevedeva alcuna distinzione in caso di recesso volontario del lavoratore o licenziamento.
Il mio incarico è consistito nel valutare la compatibilità di una nuova offerta di lavoro con il patto firmato in precedenza.
LA VERIFICA DELLA COMPATIBILITÀ DEL PATTO CON IL NUOVO CONTRATTO
Nel caso di specie, il nuovo contratto non violava il patto di non concorrenza, poiché la società che aveva formulato la proposta di assunzione operava in un settore merceologico diverso con clientela prevalentemente estera.
Il confronto preventivo tra la proposta di assunzione e il patto di non concorrenza è stato determinante nella decisione presa dal lavoratore poiché il patto in questione prevedeva infatti una penale particolarmente gravosa in caso di violazione.
La verifica effettuata ha evitato al cliente di essere potenzialmente esposto alla possibilità di subire costi onerosi e possibili contenziosi legali.
UN CONSIGLIO PRATICO PER I LAVORATORI
In conclusione, il mio suggerimento è quello di esaminare sempre attentamente, se del caso con l’ausilio di un professionista, il contenuto del patto di non concorrenza prima della sua sottoscrizione.
Tale controllo, infatti, consente al lavoratore di individuare le eventuali criticità presenti nell’atto e di intervenire in maniera preventiva per ottenere condizioni ragionevoli e non invalidanti per il lavoratore.
Avvocato Francesca Del Duca
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